DICHIARAZIONI SOSTITUTIVE RESE DA TERZI IN SEDE EXTRA PROCESSUALE: UTILIZZABILI SOLO COME PROVA INDIZIARIA.

Sommario: 1. Premessa; 2. Normativa; 3. Il caso; 4. La soluzione dei giudici di legittimità; 5. Conclusioni.

1. PREMESSA.
La Corte di Cassazione, Sez. V, con la recentissima sentenza n. 22413 del 04 novembre 2016, ha espresso un principio generale relativo alla questione dell'utilizzabilità nel processo tributario delle dichiarazioni sostitutive di terzi.   
Il principio di diritto affermato dalla Suprema Corte si pone in contrapposizione all'orientamento giurisprudenziale che ritiene non utilizzabili nell'ambito del contenzioso tributario, le dichiarazioni sostitutive rese da terzi, stante il divieto di prova testimoniale previsto dall'art. 7, comma 4, D.Lgs. 546/1992. 
Con la sentenza in commento i giudici di legittimità hanno riconosciuto al contribuente la facoltà di avvalersi di dichiarazioni sostitutive rese da terzi in sede extraprocessuale, purché tali dichiarazioni siano valutate dal giudice come elementi indiziari. 

2. NORMATIVA.
Al fine di meglio comprendere il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione è necessario fare un breve cenno alla normativa di riferimento che vieta l'utilizzo della prova testimoniale nell'ambito del contenzioso tributario. 
In particolare, l'art. 7, comma 4, D.Lgs. 546/1992, rubricato “Poteri delle Commissioni Tributarie”, dispone, nell'ambito del processo tributario, il divieto del giuramento e della prova testimoniale. 
Tale divieto trova la sua ratio sia nella spiccata specificità dello stesso rispetto a quello civile ed amministrativo, correlata alla configurazione dell'organo decidente e al rapporto sostanziale oggetto del giudizio, sia nella circostanza che esso è ancora, specie sul piano istruttorio, in massima parte scritto e documentale; sia, infine, nella stessa natura della pretesa fatta valere dall'amministrazione finanziaria attraverso un procedimento di accertamento dell'obbligo del contribuente che mal si concilia con la prova testimoniale.

3. IL CASO.
La Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi sul ricorso proposto dall'Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria  Regionale di Firenze n. 3 del 22.01.2009. 
L'Ufficio ha eccepito, tra gli altri motivi, la violazione dell'art. 7, coma 4, D.Lgs. 546/1992, in quanto il giudice di secondo grado aveva ammesso la prova costituita della dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà conferendo, a tale atto, valenza di prova piena anziché di prova indiziaria. 

4. LA SOLUZIONE DEI GIUDICI DI LEGITTIMITA'.
La Suprema Corte, in accoglimento del motivo di ricorso eccepito dall'Ufficio, da un lato ha ribadito il divieto disposto dall'art. 7 D.Lgs. 546/1992, secondo cui, nel processo tributario, non sono ammessi giuramento e prova testimoniale, dall'altro non ha escluso l'utilizzabilità delle dichiarazioni sostitutive nell'ambito del processo tributario. 
In particolare, il giudice di legittimità ha precisato che in materia di utilizzabilità delle prove dichiarative nel processo tributario, anche al contribuente deve essere riconosciuta la facoltà di avvalersi di dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale. 
Tuttavia, tali dichiarazioni non possono costituire prova piena dei fatti affermati, ma hanno valore probatorio limitato, tipico degli elementi indiziari, i quali, seppure possono concorrere a formare il convincimento del giudice, non sono idonei a costituire da soli, il fondamento della decisione. 
Nel caso sottoposto all'attenzione dei giudici di legittimità, la sentenza impugnata si è discostata da tale regola di valutazione probatoria, omettendo di indicare quali siano stati gli ulteriori elementi idonei a conferire valenza di prova alle dichiarazioni extraprocessuali utilizzate nel processo.

5. CONCLUSIONI.
Concludendo, con la pronuncia in commento, i giudici di legittimità hanno sancito il principio di utilizzabilità, nel contenzioso fiscale, delle dichiarazioni extraprocessuali rese da terzi, classificandole come prove indiziarie.
Bisogna ricordare che questo orientamento era stato già sancito da precedenti pronunce, tra cui si cita la Corte di Cassazione, sez. 5, sent. n. 11785 del 14/05/2010 e n. 8369 del 05/04/2013 nonché la Corte Costituzionale, sentenza n. 18 del 2000. 
In senso contrario, invece, si era espressa, recentemente, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 1290 del 26 gennaio 2015, la quale aveva sancito che le autocertificazioni prodotte dal contribuente non hanno alcun valore probatorio, poiché, diversamente si finirebbe per introdurre nel processo tributario – in violazione del divieto di giuramento e prova testimoniale – un mezzo di prova, non solo equipollente a quello vietato, ma anche costituito al di fuori del processo.
Lecce, 10 gennaio 2017                   Avv. Leonardo Leo
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